Quale ossitocina induce ansia invece di ridurla

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVII – 31 ottobre 2020.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

L’attribuzione all’ossitocina di proprietà che sono legate ai circuiti cerebrali che contribuisce ad attivare in particolari condizioni fisiologiche, favorendo fiducia interpersonale e socialità, è sicuramente un’ipersemplificazione, ma i livelli più alti del peptide si associano in genere a stati neurofunzionali opposti a quelli dell’ansia e dello stress. I numerosi studi che mostrano l’incremento di ossitocina associato all’attività sessuale, a stati affettivi di amore platonico e genitoriale, alla serenità psichica con prevalenza periferica del parasimpatico sull’ortosimpatico, insieme con quelli che sembrano dimostrare diretti effetti ansiolitici, hanno contribuito a indurre la maggioranza dei ricercatori a considerare questa molecola un importante regolatore del comportamento sociale, in grado di ridurre le manifestazioni associate all’ansia.

In realtà, l’esame accurato della ricerca svolta in questo campo presenta dati disomogenei e a volte contraddittori che, come abbiamo osservato numerose volte in passato, indicano la necessità di conoscere in modo molto più approfondito la relazione delle cellule che rilasciano il peptide con gli altri sistemi, distinti sia per neurotrasmettitore sia in termini fisiologici, e il ruolo dei recettori dell’ossitocina nella fisiologia di questi rapporti.

Recentemente è ritornato l’interesse per quelle condizioni, da noi proposte spesso all’attenzione dei ricercatori, in cui l’ossitocina accresce l’ansia. Tra gli psicologi sperimentali, molti hanno considerato questo rilievo più di una semplice incongruenza, come una vera e propria contraddizione negli effetti comportamentali di una stessa molecola, e pertanto hanno deciso di ignorarla, con un atteggiamento antiscientifico. Chi è esperto della realtà biologica degli organismi viventi e della fisiologia umana non è affatto meravigliato dal rilievo che una stessa molecola di segnalazione possa determinare effetti opposti: l’elenco di ormoni e trasmettitori potrebbe essere lungo; si pensi che solo per la 5-HT, la serotonina, le cui sottoclassi recettoriali includono effetti antagonistici, vi sono migliaia di studi in corso in tutto il mondo.

Brian C. Trainor, con Natalia Duque-Wilckens e numerosissimi collaboratori hanno condotto uno studio per sottoporre a vaglio sperimentale l’ipotesi che gli effetti paradossi di induzione del comportamento ansioso siano causati da ossitocina prodotta e rilasciata da neuroni non appartenenti all’ipotalamo. La sperimentazione ha confermato che l’ossitocina extra-ipotalamica è in grado di indurre comportamenti associati all’ansia sociale indotta dallo stress, e indica che gli effetti opposti sull’ansia dell’ossitocina sono dovuti ai differenti circuiti attivati. In altre parole, come da noi sempre ribadito in questi diciassette anni, l’effetto psichico e comportamentale è da ascriversi ai sistemi neuronici e non alla singola molecola.

(Duque-Wilckens N., et al. Extrahypothalamic oxytocin neurons drive stress-induced social vigilance and avoidance. Proceedings of the National Academy of Sciences USA – 117 (42): 26406-26413, 2020).

 La provenienza degli autori è la seguente: Neuroscience Graduate Group, University of California, Davis, CA (USA); Department of Psychology, University of California, Davis, CA (USA); Department of Physiology, Department of Large Animal Clinical Science, Michigan State University, East Lansing, MI (USA); Center for Neuroscience and Behavioral Health, Children’s National Hospital, Washington, DC (USA). Department of Pathobiology, Microbiology and Immunology, School of Veterinary Medicine, University of California, Davis, CA (USA); Department of Neuropeptide Research in Psychiatry, Central Institute of Mental Health, Medical Faculty Mannheim, University of Heidelberg, Mannheim (Germania).

Per comprendere il valore neurofisiologico di studi come quello qui recensito è utile e opportuna la collocazione di quanto emerso da questo progetto sperimentale nel quadro degli studi sugli effetti psichici dell’ossitocina. Al riguardo la nostra società scientifica ha dedicato aggiornamenti, discussioni, dibattiti e recensioni commentate di numerosi studi e, personalmente chi scrive, ha partecipato a questo lavoro, che è stato inteso anche come un piccolo contributo alla crescita culturale di studenti e giovani studiosi che approcciano questo campo per la prima volta.

Qui di seguito si riportano a scopo introduttivo spunti tratti da articoli precedenti; quando non altrimenti specificato, la fonte è un mio articolo di due anni fa[1].

“L’importanza dell’ossitocina come ormone neuroipofisario era stata compresa e prevista dalla comunità scientifica internazionale prima della sua scoperta, tanto che nel 1955, solo due anni dopo averla identificata, Vincent du Vigneaud ottenne il Premio Nobel per la Chimica. L’ossitocina è un nonapeptide a struttura ciclica che differisce dalla vasopressina, con la quale condivide la probabile origine da una duplicazione genica verificatasi nel corso dell’evoluzione, per due soli aminoacidi di questa sequenza: Cis-Tir-Ileu-Glu(NH2)-Asp(NH2)-Cis-Pro-Leu-Gli(NH2)[2]. In fisiologia le due molecole sono distinte sulla base delle azioni prodotte dopo il rilascio in circolo dalla neuroipofisi: l’ossitocina favorisce la fuoriuscita del latte dai dotti galattofori e la contrazione uterina, mentre la vasopressina determina la contrazione dei vasi e la ritenzione idrica renale[3].

Naturalmente, il ruolo studiato per le dirette conseguenze psichiche e comportamentali è quello di neurotrasmettitore peptidico. Anche se nella storia della ricerca sui neuromediatori sinaptici l’acetilcolina e le ammine biogene hanno preceduto e a lungo monopolizzato l’attenzione, la funzione dei neuropeptidi come primi messaggeri nella comunicazione intercellulare è filogeneticamente molto antica. Ad esempio, in celenterati come l’Hydra la neurotrasmissione è quasi esclusivamente affidata a neuropeptidi, mancando del tutto acetilcolina, catecolamine e serotonina. E fortemente peptidergica è la rete nervosa di altri animali a basso grado di evoluzione, quali coralli, meduse e anemoni di mare. Non appare perciò infondato supporre che una trama di connessioni mediate da peptidi possa aver avuto, nella storia evolutiva che ha portato ai mammiferi, il ruolo di una traccia funzionale elementare, una sorta di abbozzo o base comune sulla quale si sono differenziati i sistemi di trasmettitori più veloci, efficienti, specifici e puntualmente adattati alle esigenze dei generi e delle specie filogeneticamente più recenti[4].

Ricordare i caratteri dei peptidi che fungono da mediatori può contribuire ad allontanare l’idea, diffusa talvolta anche in ambito accademico, dell’ossitocina quale sostanza naturale che si può assumere per ottenere una modulazione della psicologia della persona in senso altruistico, empatico, socializzante, con aumento della fiducia in sé stessi e riduzione di timore e diffidenza nei confronti degli altri. Anche se nei gruppi neuronici di alcune aree è difficile distinguere la componente paracrina da quella neurotrasmissiva, la maggior parte dei neuroni che accumula ossitocina nelle proprie vescicole, la adopera come un mediatore chimico i cui effetti dipendono largamente dai circuiti in cui è inserita, dalle sequenze di segnale, dallo stato delle reti che sviluppano il loro tono di base e le loro reazioni a stimoli, grazie agli oltre cinquanta neuromediatori noti e a tutti gli eventi di regolazione che intervengono nella fisiologia cerebrale”[5].

A proposito di quegli studi che hanno ispirato le etichette divulgative riferite alla sua presunta capacità di favorire la fiducia, la socialità, il bacio, l’amore, ecc., si riporta dallo stesso testo un altro brano che ci sembra efficacemente esplicativo:

“Tornando ai presunti ruoli psicologici del peptide, si può rilevare che la ragione dell’esito di tanti studi che sembravano provare la capacità del peptide di favorire i legami sociali e sessuali, accrescere la fiducia in sé stessi e negli altri e promuovere l’altruismo, era senza dubbio in un difetto di impostazione[6]. Anche la possibilità di sfruttare la sua azione antagonista dei sistemi dello stress, attivati nei disturbi dello spettro dell’ansia e nel disturbo post-traumatico da stress (PTSD), sembra essere stata messa in discussione[7].

Senza addentrarci nell’analisi degli errori di metodo e di interpretazione dei risultati, qui ci limitiamo a riportare che studi più recenti – intesi a verificare gli esiti dei precedenti lavori e a mettere alla prova la possibilità che interrogando in modo diverso la “materia della mente” sull’ossitocina si potessero avere risultati diversi – hanno ben documentato che il peptide può aumentare l’aggressività, il pregiudizio nei confronti dell’altro e la tendenza a correre rischi. In altre parole, effetti sostanzialmente opposti a quelli più noti e divulgati negli ultimi venti anni.”[8],[9].

Un numero considerevole di studi ha provato nella nostra specie l’efficacia della somministrazione di ossitocina nel generare o facilitare comportamenti volti a favorire l’interazione sociale e di coppia. A dispetto della conoscenza pluridecennale della partecipazione di questo peptide a numerosi stati funzionali, anche fra loro in contrasto in termini di atteggiamento psicologico del soggetto, le etichette divulgative di “ormone della fiducia”, “molecola dell’amore” o “della socialità”, hanno contribuito a generare ipersemplificazioni anacronistiche che attribuiscono ad una singola molecola la responsabilità di uno stato della mente[10]. Negli anni recenti sono state indagate le ragioni dell’azione di promozione dei legami sociali da parte dell’ossitocina, soprattutto nei roditori.

Il motivo neurofunzionale, sostenuto da ragioni evoluzionistiche, alla base delle interazioni sociali e della formazione di nuovi legami, tanto nei mammiferi inferiori quanto nella nostra specie, si ritiene sia costituito dall’attivazione del “sistema a ricompensa” da parte di tali esperienze. In altre parole, la necessità riproduttiva e il vantaggio cooperativo hanno determinato l’automatica entrata in funzione nel rapporto con i simili del circuito dopaminergico e dei neuroni ad esso associati che, nell’insieme, costituiscono il rewarding system. Gli effetti di rinforzo dovuti all’entrata in funzione di tali neuroni possono essere notevolmente ridotti dall’ansia sociale e da un deficit nello “stile di attaccamento” che causi insicurezza e instabilità.

Gli studi fin qui condotti suggeriscono che l’ossitocina possa facilitare l’interazione sociale, sia accrescendo gli effetti di ricompensa sia attenuando l’ansia sociale, anche se la lettura dei resoconti sperimentali presenta risultati in genere dipendenti dal sesso e dallo stile di attaccamento, e non sempre di facile interpretazione. Per accertare se sia prevalente nella nostra specie l’effetto ansiolitico o di rinforzo dell’ossitocina, uno studio cinese ha allestito un’articolata sperimentazione su 128 coppie di amici dello stesso sesso.

I risultati hanno mostrato che l’ormone peptidico accresceva nelle donne il tasso di condivisione degli stimoli con un’amica e non con un’estranea, e particolarmente con l’amica che era sottoposta alla scansione cerebrale. Questo andamento non si rilevava negli uomini. Le immagini cerebrali corrispondenti mostravano che l’ossitocina era in grado di far decrescere l’attività sia nell’amigdala che nell’insula delle donne, riducendo anche la connettività funzionale dei sistemi neuronici di queste regioni cerebrali quando le volontarie facevano esperienza di condivisione. Negli uomini si riscontravano praticamente gli effetti opposti.

Elemento di fondamentale importanza emerso da questo studio è che l’ossitocina non accresceva l’attività del sistema a ricompensa cerebrale.

L’insieme dei risultati emersi in questo studio dimostra che nelle donne l’ossitocina accresce l’effetto della condivisione di esperienze positive, con un correlato funzionale evidente per amigdala, insula e loro connessioni, ma ciò non accade negli uomini. Nei volontari con più alti livelli di ansia da attaccamento, l’ossitocina era in grado di ridurre le risposte accentuate dell’amigdala durante la condivisione.

Nel 2017 si osservava: “È indubbio che le somministrazioni esogene di ossitocina (ad es., via spray nasale) nell’uomo, come nell’animale, sono in grado di influenzare il comportamento sociale e i criteri di scelta in vari tipi di decisione; tuttavia, gli esperimenti non mostrano costanza ed uniformità di risultati, per ragioni che non sono ancora del tutto chiare.

Negli ultimi dieci anni sono andati crescendo nel numero gli studi in cui si è impiegata l’ossitocina per migliorare la cognizione sociale, ma i risultati sono stati spesso contraddittori ed hanno finito per cancellare l’immagine di molecola in grado di promuovere in ogni circostanza aumento della fiducia e della propensione cooperativa o sessuale verso i membri della propria specie. Sono stati perciò cercati i fattori potenzialmente in grado di interferire con i processi neuropsichici mediati dall’azione del peptide. L’analisi ha evidenziato, come elemento in grado di far variare la risposta all’ossitocina, l’attività del sistema oppioide”[11].

Torniamo ora alla sintesi dei contenuti dello studio di Trainor e colleghi qui recensito.

La sperimentazione pregressa, condotta in parte dagli stessi autori del lavoro oggetto di questo articolo, ha dimostrato che la somministrazione di ossitocina aumenta la rilevanza (salience) di contesti sociali sia negativi che positivi, e si ritiene che tali differenti azioni possano essere mediate dalla specificità di ruolo dei circuiti implicati. Questa tesi è stata suffragata dalla sperimentazione basata primariamente sulle manipolazioni delle funzioni dei recettori dell’ossitocina, anche se rimane aperta la questione relativa alla possibilità che differenti popolazioni di neuroni ossitocinergici possano mediare effetti fisiologici diversi.

Brian C. Trainor e colleghi hanno inibito la sintesi di ossitocina in una popolazione di neuroni ossitocinergici sensibile allo stress localizzata specificamente nella parte medio-ventrale del nucleo del letto della stria terminale (BNSTmv). Nei topi knockdown per l’ossitocina si è rilevata la mancanza delle risposte fisiologiche: non si sono registrati l’aumento di vigilanza sociale e la riduzione dell’approccio verso gli altri topi, caratteristicamente indotti dallo stress.

Interessanti le osservazioni realizzate mediante il tracciamento virale dei neuroni ossitocinergici della BNSTmv: la tecnica ha rivelato fibre di queste cellule nervose in regioni cerebrali che controllano i comportamenti difensivi, quali l’ipotalamo laterale, l’ipotalamo anteriore e la porzione antero-mediale del nucleo del letto della stria terminale (BNSTam).

L’infusione di ossitocina nei neuroni del nucleo del letto della stria terminale è stata sperimentata in topi stress naïve ottenendo un aumento dell’allerta e, in particolare, della vigilanza sociale, con una riduzione della tendenza all’approccio verso i simili, ossia due tratti comportamentali equivalenti a comportamenti umani causati dalla fisiopatologia associata in genere alla percezione soggettiva dell’ansia.

Nell’insieme, questi risultati dimostrano che una popolazione extra-ipotalamica di neuroni ossitocinergici ha un ruolo chiave nel controllo dei comportamenti di ansia sociale indotta dallo stress.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle numerose recensioni di studi di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-31 ottobre 2020

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Note e Notizie 15-09-18 Ossitocina alla prova del suo potere socializzante.

[2] Per una corretta rappresentazione chimica si deve aggiungere un ponte disolfuro fra i due residui di cisteina.

[3] La vasopressina è con ogni probabilità il primo neuropeptide ad essere stato identificato. La fonte principale di vasopressina è costituita dai neuroni magnocellulari dell’ipotalamo che inviano assoni alla neuroipofisi (Cfr. Mains R. E. & Eipper B. A., Peptides, in Brady Siegel Albers Price, Basic Neurochemistry, p. 390, 8th edition, 2012).

[4] L’ipotesi è stata dettagliatamente formulata in un quadro teorico sviluppato da Giuseppe Perrella, ma trova riscontro anche in numerose altre osservazioni di neurobiologia dell’evoluzione.

[5] Note e Notizie 24-10-15 Ossitocina ed alcool. Si suggerisce la lettura integrale della nota che, oltre a contenere vari dati informativi interessanti, fornisce elementi per comprendere le ragioni della nostra posizione critica.

[6] Il disegno sperimentale, spesso concepito da ricercatori nel campo delle scienze psicologiche e sociali, non tiene conto della complessa realtà neurochimica e neurofisiologica su cui si esercita l’effetto di una singola sostanza assunta dall’esterno, ritenendo di poter ignorare il cervello come black box, saltando direttamente al comportamento ed attribuendo la variazione nei parametri misurabili a ciò che si riteneva essere l’unico elemento variante nel sistema.

[7] Nelle “Notule” del 24-10-15 (v.) sono discussi due studi, uno che sembra confermare una certa efficacia nel PTSD, l’altro che dimostra un’azione addirittura controproducente su persone che hanno subito un trauma psichico recente, perché accentua l’effetto evocativo di volti esprimenti emozioni.

[8] Note e Notizie 24-10-15 Ossitocina ed alcool.

[9] Note e Notizie 13-05-17 Ossitocina e antagonismo oppioide migliorano parametri sociali.

[10] Si veda in Note e Notizie 24-10-15 Ossitocina ed alcool.

[11] Note e Notizie 13-05-17 Ossitocina e antagonismo oppioide migliorano parametri sociali.